Quando durante un terremoto si forma una frattura si hanno principalmente due tipi di deformazione: STATICA e DINAMICA. La deformazione STATICA è rappresentata dallo spostamento permanente del terreno dovuto all'evento sismico.
Il ciclo sismico progredisce da uno stato in cui si ha una faglia non sottoposta a stress, verso una faglia sollecitata fino ad arrivare infine alla rottura che da luogo al terremoto. Tale processo è guidato dalla tettonica a zolle, dove il moto delle diverse placche, il loro scontro, le azioni di subduzione ed il moto relativo di una placca rispetto all'altra caratterizzano la tipologia delle aree sorgente dei terremoti. La zona interessata dalla frattura subisce una deformazione permanente ed il ciclo sismico riparte con un nuovo accumulo di energia.
Per meglio comprendere questa definizione consideriamo una linea di riferimento rettilinea, come potrebbe ad esempio essere una strada, un binario ecc.. ed immaginiamo che una faglia, che si trova nel suo stato di deformazione pre-rottura, la attraversi. Una volta avvenuto il terremoto, la deformazione subita viene evidenziata notando lo spostamento e la deformazione dell'originaria linea di riferimento, che assume una forma con uno spostamento maggiore nella zona più vicina alla faglia. Il riequilibrio delle strutture che fa seguito ad un terremoto è noto con il termine di rimbalzo elastico. Potete vedere un'animazione molto carina collegandovi a questo sito (vecchio link non più funzionante).
Il secondo tipo di deformazione, il movimento dinamico, è rappresentato sostanzialmente dalle onde irradiate dal terremoto quando avviene la frattura. Mentre la maggior parte dell'energia messa in gioco dal movimento delle placche tettoniche, che sono la causa principale della generazione delle faglie, viene assorbita dalla deformazione statica, fino al 10% viene dissipata immediatamente sotto forma di ONDE SISMICHE.
Le proprietà meccaniche delle rocce che vengono attraversate dalle onde sismiche determinano la velocità con cui queste viaggiano. Le onde di compressione, conosciute anche come primarie o onde P, viaggiano più velocemente, ad una velocità compresa tra 1,5 e 8 km/s nella crosta terrestre. Le onde di taglio, conosciute anche come secondarie o onde S viaggiano più lentamente, a circa il 60 % della velocità delle onde P (il valore del rapporto Vp/Vs, in solidi "poissoniani" è generalmente pari alla radice quadrata di 3 = 1.732...).
Le onde P scuotono il terreno nella direzione della loro propagazione, mentre la onde S perpendicolarmente e trasversalmente alla loro direzione di propagazione. Mentre la velocità delle onde varia di un fattore 10 o più all'interno della Terra (si pensi che al confine mantello nucleo la velocità delle onde P è di poco superiore ai 13 km/s), il rapporto tra le velocità medie delle onde P e delle onde S risulta circa costante, in special modo nel settore crostale.
Questo risultato autorizza i sismologi, per una prima stima qualitativa, a calcolare semplicemente il ritardo tra l'arrivo delle onde P e l'arrivo delle onde S per valutare la distanza del terremoto dalla stazione registratrice. Basta moltiplicare il cosiddetto tempo S-P (differenza tra il tempo d'arrivo della fase S e della fase P) espresso in secondi per un fattore pari ad 8 km/s per avere la distanza approssimata in km della stazione dalla sorgente (per percorsi nel settore crostale).
Le onde P ed S sono anche chiamate onde di volume (body waves). Accanto alle onde P ed S esistono altri tipi di onde: le onde superficiali. Esse si generano quando le onde di volume raggiungono una qualunque discontinuità della Terra (molto spesso leggerete su altri siti che le onde superficiali si hanno solo quando le onde di volume raggiungono la superficie della Terra..). I due fondamentali tipi sono le onde di Rayleigh (che tra l'altro non si propagano solo nei mezzi stratificati !) e quelle di Love.
Non entriamo nella descrizione specifica di questa tipologia di onde. Esse sono comunque molto importanti ed i sismogrammi di eventi superficiali sono spesso dominati da questo tipo di onde, che presentano inoltre maggiori ampiezze, in questo caso, delle onde di volume.
Per concludere, possiamo dire che le onde sismiche rappresentano dei fenomeni transienti. A partire dalla sorgente del terremoto, si propagano in tutte le direzioni all'interno della Terra. Ne consegue che, dato un sensore abbastanza sensibile, è possibile registrare le onde sismiche di eventi, anche piccoli, che avvengono in qualsiasi parte del globo. I trattati che bandiscono i test nucleari confidano infatti nella nostra abilità di riconoscere le esplosioni nucleari, che, mediamente, sono equivalenti ad un sisma di magnitudo 3.5 (ed è soprattutto lo studio ed il riconoscimento delle esplosioni nucleari che, in clima di guerra fredda, ha determinato un clamoroso fiorire di ricerche in campo sismologico, ndr).
I sismometri sono gli strumenti principali per coloro che studiano i terremoti. Migliaia di stazioni sismiche operano in tutto il mondo, ed alcuni strumenti sono stati trasportati sulla Luna, su Marte e su Venere. Fondamentalmente si può pensare ad un sismometro come un semplice pendolo. Quando il terreno si muove, la base e la struttura si muovono con esso, ma l'inerzia mantiene la massa del pendolo in posto: sembra così che esso si muova relativamente al terreno. Muovendosi, registra come cambiano nel tempo gli spostamenti del pendolo. Se "trasformiamo" il moto del suolo in una registrazione su un qualsiasi supporto (un tempo generalmente su carta fotosensibile o su carta, attualmente su supporto "informatico" di vario genere) otteniamo quello che viene definito un sismogramma (i sismografi sono i "registratori" del moto del suolo acquisito dai sismometri). I sistemi di registrazione normalmente in uso oggi operano con concetti un po' diversi.
Il più semplice trasduttore è uno strumento elettromagnetico (elettrodinamico) in cui una bobina si muove in un campo generato da un magnete permanente, come in un altoparlante. In un sismometro passivo convenzionale, la forza inerziale prodotta dal moto del suolo a causa del terremoto sposta la massa dalla sua posizione di equilibrio, e lo spostamento, o la velocità, della massa è convertita in un segnale elettrico. Questo principio viene oggi generalmente utilizzato solo per i cosiddetti sismometri a corto-periodo.
I sismometri a lungo periodo o broadband sono costruiti in accordo con il principio del "bilanciamento delle forze". Significa che la forza inerziale è compensata (o bilanciata) da una forza elettricamente generata in modo che la massa si muova il meno possibile. Occorre che vi sia un certa percentuale di movimento altrimenti non sarebbe possibile osservare la forza inerziale.
Per una trattazione analitica e piu' completa (ovviamente abbastanza complicata ed in inglese!) ecco uno dei possibili siti da visitare (vecchio link non più funzionante).
Torniamo a concetti più semplici anche se ovviamente un po' più "approssimati". Una stazione sismica avente tre differenti "pendoli" (nella strumentazione moderna si tratta di altri apparati...) sensibili ai movimenti nelle tre direzioni principali (N-S, E-W, e verticale o Z), registrerà sismogrammi da cui è possibile stimare distanza, direzione, magnitudo e, attraverso opportune considerazioni sul verso del moto ad esempio del primo arrivo P, anche il tipo di faglia che ha causato il terremoto (non entriamo nel merito del calcolo dei cosiddetti meccanismi focali, cioè la rappresentazione che ci permette di definire il tipo di fagliazione, per non appesantire ulteriormente la trattazione). I sismologi usano naturalmente più di una stazione per localizzare un terremoto e meglio stimare anche gli altri parametri. Esaminando sismogrammi registrati a differenti distanze dal terremoto è possibile definire situazioni schematizzate come nel disegno sotto:
Da questo esempio risulta evidente come le onde sismiche impieghino più tempo per arrivare alle stazioni situate più lontano. La velocità media delle onde è rappresentata dalla pendenza della retta che unisce gli arrivi della stessa fase, ovvero dal rapporto tra la variazione della distanza e la variazione del tempo di arrivo. Le variazioni di pendenza rivelano variazioni nella velocità sismiche delle rocce attraversate dai raggi sismici. Da notare che, in genere per eventi superficiali, gli arrivi delle onde S hanno ampiezze molto maggiori rispetto alle onde P.
Poichè le frequenze delle onde sismiche (facendo una brutale semplificazione e tanto per dare un ordine di grandezza per eventi locali ci troviamo con frequenze dominanti tra 2 e 10 hz per le principali fasi) sono al di sotto del range di frequenze dell'udibile umano (Il campo uditivo dell'uomo si estende da circa 20 Hz fino a 20.000 Hz. Ma l'orecchio umano, oltre a non percepire tutte le variazioni di pressione e di frequenza, non è sensibile a tutte le frequenze nello stesso modo, ma è più sensibile nel campo compreso tra 2000 e 5000 Hz, mentre lo è meno alle frequenze basse ed elevate.) occorre "aumentare" la velocità di un sismogramma per ascoltarlo completamente. Notate che vi è una sovrapposizione tra campo dell'udibile e range di frequenze dei terremoti. A volte gli eventi caratterizzati da alte frequenze (molto "piccoli", di bassa magnitudo e superficiali) sono "udibili", tipo un colpo di martello su un incudine (come mi è capitato di sentire durante la sequenza Umbro Marchigiana a Colfiorito nel 1997 - P. Augliera). Le onde sismiche, oltre a propagarsi nel suolo, eccitano lo strato atmosferico propagandosi nell'aria sottoforma di onde acustiche.
Qui sotto potete "sentire" il sismogramma relativo al terremoto di Landers (Sud California, USA) del 1992 registrato dai sismologi dell'USGS a Mammoth Lakes. La registrazione originale, lunga 800 secondi, è stata velocizzata 80 volte. In questa registrazione i "click" che sentite all'inizio rappresentano l'arrivo delle onde P, più acuti perchè a più alta frequenza, segue poi il prolungato suono delle onde S a più bassa frequenza.
Uno dei principali scopi di una rete sismica è definire la posizione dell'ipocentro del terremoto ed il suo "tempo origine" cioè quando è partita la fratturazione: queste operazioni vanno sotto il termine di localizzare un terremoto. Sebbene sia possibile stimare la localizzazione di un evento dalla registrazione di una singola stazione, è più accurato usare almeno tre o più stazioni. Oltre che per poter meglio definire la zona in cui ci aspettiamo i maggiori danni, è importante localizzare la sorgente di un terremoto per poter mettere in relazione i danni subiti con, ad esempio, la situazione geologica dei differenti siti (effetti di amplificazione o attenuazione del moto del suolo dovuti a particolari percorsi delle onde sismiche o a particolari caratteristiche dei suoli).
Data una singola stazione sismica, il sismogramma fonirà una misura dei tempi di arrivo delle P e delle S e quindi la distanza tra la stazione e l'evento. La differenza dei tempi di arrivo delle P e delle S moltiplicata per il fattore 8 km/s fornisce, come abbiamo già visto, la distanza in chilometri. A questo punto si disegna un cerchio con centro coincidente con la posizione della stazione e raggio uguale alla distanza calcolata. L'evento può essere localizzato in uno qualsiasi dei punti sulla circonferenza.
Utilizzando lo stesso procedimento per almeno altre due stazioni si ottengono altri due cerchi. L'intersezione dei tre cerchi identificherà, se le letture che abbiamo effettuato dei tempi P ed S sono corrette e se la nostra semplificazione del modello crostale attraversato dalle onde sismiche non si allontana troppo dalla situazione reale, un solo punto che rappresenta la posizione dell'evento.
Magari tutto fosse così semplice! In realtà sulle metodologie di localizzazione dei terremoti la situazione è ben diversa da quella qui ipotizzata. Esistono numerosi algoritmi e procedure di calcolo alquanto più complicate che tengono conto della reale complessità della struttura interna della Terra e del percorso dei raggi sismici in modelli anche tridimensionali. Quanto abbiamo visto è una semplificazione per permetterci di capire a grandi linee le linee guida del problema di localizzare un terremoto.
Nell'esempio illustrato di seguito sono utilizzate le stazioni di Boston, Edinborough e Manaus. L'evento è localizzato dall'intersezione dei cerchi nella dorsale Medio Atlantica.
Un sito molto simpatico per provare a localizzare un terremoto con il metodo di Wadati (questo dei tre cerchi...) appena presentato lo trovate qui (vecchio link non più funzionante).